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Padre Ildephonso da Serramanna


Presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari è conservato un antico Manoscritto che contiene un vero e proprio dizionario di botanica in cui si citano i nomi delle piante locali, in latino, italiano e spagnolo «P.Ildephonsus a S.Theresia Sardous Serramannensis, novum onomasticum trium idiomatium Latinum, Italicum et Hispanicum a diversis dictionaris approbatis ut in hoc quae sparsa requiruntur et desiderantur inveniantur compilatum per P. Ildephonsus a S.Theresia scholarum piarum alumnum ad juventutis addiscendi cupidae commodum. Infine multarum rerum species apparitur ut animalium, avium, arborum, plantarum, herbarum et omnia scitu digne ut facilius omnia inveniantur …».


È un manoscritto risalente al 1724, scritto da un certo Padre Ildephonso da Serramanna.


Notevole la sua importanza storica giacché ad esso si devono le prime testimonianze certe della conoscenza del pomodoro, del mais e del peperoncino in Sardegna.


Quasi tutte le piante che oggi sono presenti nel bacino del Mediterraneo sono nate lontano da noi, ad eccezione dell’ulivo, della vite e del grano; la coltivazione e l’uso alimentare di alcune piante americane arrivate in Sardegna, è avvenuta con tutta probabilità prima del 1700 ma è attestabile, da fonti certe, solo a partire da quest’epoca, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze. Già nella seconda metà dell’800, l’utilizzo di queste piante si è consolidato sino a raggiungere praticamente le proporzioni e caratteristiche attuali.


Quindi un doveroso plauso a quel Padre Ildephonso che ha permesso di stabilire che il mais era già presente in Sardegna nella prima metà del ‘700, con le denominazioni in latino,italiano e spagnolo: Triticum Indicum, grano turco, Hisp. Mays, grano de India, così come il pomodoro, “Poma aurea, amoris pomum. Ital. pomi d’oro. Hisp. Tumates” o il peperoncino ”Capsicum, ital. Pepe d’India, Hisp. Pimenton”. Padre Ildephonso, faceva certamente parte dei frati domenicani ospitati presso la chiesa di San Sebastiano a Serramanna; infatti i frati domenicani la eressero a loro dimora fin dal 1631, per un voto fatto in seguito ad una pestilenza, e vi rimasero fino al 1854, assentandosi solo dal 1652 al 1656 in seguito ad una malattia contagiosa.

Un doveroso ringraziamento per le informazioni a Alessandra Guigoni dottore di ricerca in metodologie della ricerca etnoantropologica; collabora con la cattedra di Antropologia culturale dell’Università di Cagliari e con quella di Etnologia dell’Università di Genova, occupandosi di antropologia dell’alimentazione e di antropologia della comunicazione, oltre ad interessarsi anche di civiltà indigene d’America, di etnografia virtuale e di interculturalismo, con all’attivo una quarantina di pubblicazioni.


Il canonico Antonio Manunta


La Gazzetta Popolare, nel numero 23 del mese di Gennaio dell’anno 1867, annunciava la morte del cav. canonico Antonio Manunta, all’età di 90 anni, definendolo “uomo di grande ingegno”.
 

Grazie al Canonico Giovanni Spano è stato possibile ricostruire alcune note storiche riguardanti quest’illustre personaggio che onorò Serramanna sia con la sua presenza che con le sue opere.

Nato a Osilo il 20 Aprile 1776, dai coniugi Matteo ed Antonina Crispo, persone tanto agiate quanto religiose.

A Sassari intraprese gli studi classici e filosofici, e si accostò allo studio della medicina, della teologia, della fisica, delle scienze matematiche, dell’agronomia e del commercio; sentendo, poi, una forte vocazione religiosa, fece domanda e fu ammesso nel Seminario Tridentino di Sassari, dove si laureò in teologia nel 1799, e poco dopo fu elevato al sacerdozio.


Manunta per il tramite del Ministero degli affari di Sardegna, venne incaricato da Re Carlo Felice, di coordinare ed occuparsi della stampa del Regolamento delle Scuole Normali per cui si recò a Milano, a proprie spese, per apprendere il metodo d’istruzione, frequentando la scuola di Metodica, diretta dal Prof. Francesco Cherubini.


Nel 1826, a nome del Re Carlo Felice, fu pregato di aprire a Cagliari, l’Orfanotrofio, per accogliere gli orfani, non maggiori di 10 anni ed istruirli cristianamente.


Per tutti questi suoi buoni servizi, il 3 novembre 1830, gli fu conferito un seggio Canonicale nel Duomo di Cagliari, e nel 1836, ottenne la Prebenda di Serramanna.
 

Visitava di frequente il villaggio di Serramanna, e vista la mancanza di educazione cristiana nel popolo, subito istituì una scuola di dottrina cristiana promettendo una dote di 100 scudi a 25 spose che fossero uscite da quella scuola ben istruite nella dottrina cristiana e nelle faccende femminili; a sue spese acquistò dei telai e assunse un capo mastro di tessitura, per insegnare a tessere la lana ed il lino.

 

Vedendo che per lo straripamento del fiume, vicino al villaggio, nella stagione invernale impediva la comunicazione tra il villaggio e le “possidenze territoriali di esso”, diede 100 starelli di grano per aiutare a costruire il ponte.


Negli anni di magro raccolto, oltre alla distribuzione di pane e indumenti ai poveri invalidi, distribuì il grano della sua prebenda agli abitanti ad un prezzo inferiore rispetto a quello corrente e medicine agli ammalati.


Nel 1844, si occupò degli scavi attorno alla Chiesetta campestre di Santa Maria, spendendo 200 scudi circa, per occupare i poveri braccianti nei mesi che non potevano lavorare nei campi; grazie a lui furono trovati una gran quantità di vasetti di terra cotta, ed alcuni ex-voto, segno di un vecchio tempio, non un Nuraghe, come si aveva per tradizione nel villaggio.


Professor Giovanni Solinas


Il 12 marzo 2010 è stata ufficialmente dedicata al prof. Giovanni Solinas, scomparso prematuramente dopo una breve malattia nel dicembre 1988, l’aula 15 della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, nei locali del polo universitario di “Sa Duchessa”. Giovanni Solinas, originario di Serramanna, docente
della Facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari e preside dal 1978 al 1984, prorettore dell’Ateneo dal 1974 al 1977, grande studioso della filosofia illuminista, nel 1955 pubblicò “Condillac e l’Illuminismo”, un libro pionieristico che fu solo il primo passo dell’opera di scavo della filosofia illuministica che il Solinas avrebbe compiuto vent’anni più tardi contribuendo a mettere in luce come il ‘700 non fosse, filosoficamente, quel secolo riconciliato su posizioni newtoniane e relativistiche, come ancora veniva definito in molti manuali.

 

Ancora alla fine del dicembre del 1988, quando colpito dalla malattia, che pur breve, non gli diede via d’uscita, Giovanni Solinas, continuò a dedicarsi alla stesura del “Système de la Nature di Maupertuis”; completa nei tratti essenziali, rimase incompiuta e poté vedere la luce soltanto nell’autunno del 1989 grazie alla signora Maria Adelaide Solinas.


A ricordarlo sono intervenuti il prof. Carlo Borghero dell’Università “La Sapienza” di Roma e la prof.ssa Maria Teresa Marcialis dell’Università degli Studi Cagliari, che nel suo intervento ha detto «Sono grata alla facoltà per avergli dedicato questo spazio perché è uno dei luoghi di vita più intensa dei nostri corsi, è forse l’aula che ha visto più occupazioni studentesche negli ultimi anni».


Oggi non esiste più quell’Istituto di Filosofia che il prof. Giovanni Solinas diresse per molti anni, sostituito dal Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze umane che ha fuso i due Istituti di Filosofia di Lettere e di Magistero.


A lui è intitolata la Biblioteca Comunale di Serramanna.
 

Architetto Vico Mossa


Nato il 15 ottobre 1914 a Serramanna si trasferì giovanissimo a Sassari in qualità di docente in Storia dell'Architettura nell'Istituto d'Arte.


Era il 1940 e lui appena ventiseienne si era appena laureato in architettura a Roma.
 

Aveva come maestro Arnaldo Foschini, uno dei due padri-padroni dell’architettura pubblica italiana con Marcello Piacentini. Foschini dirigeva la costruzione della grande chiesa dell’Eur e Filippo Figari stava eseguendo le vetrate della cupola.
 

Figari voleva trasformare Sassari, da una semplice scuola di arti e mestieri in quello che sarebbe poi diventato il “Regio Istituto d’arte per la Sardegna” e cercava un professore di “Disegno professionale di Architettura e Direzione dei laboratori”, ma nessuno diceva vuol venire in Sardegna. Alla fine proposero l’incarico al giovane Arch. Mossa, che prima esitò poi di fronte alla prospettiva di tornare in Sardegna accettò; lui stesso raccontava «Attraversai il Tirreno con l’idrovolante dell’Ala Littoria, con qualche paura per via della guerra, poi da Cagliari a Sassari in treno».


Architetto molto attivo, è stato però anche grande studioso della storia dell’architettura; dopo i maestri Carlo Aru, Dionigi Scanu e Salvatore Rattu, lo si può considerare l’iniziatore di questi studi nell’isola.


Tra le sue opere importanti quella del Palazzo Bosazza, il primo, a Sassari, costruito in cemento armato; la sede dell’Upim, in piazza delle Demolizioni; l’albergo “Il Gallo di Gallura” a Santa Teresa; Villa Brower ad Alghero, la chiesa di San Vincenzo, a Sassari. Tra le opere di restauro, quella lunga e accurata del Duomo, i teatri civici di Sassari e di Alghero, la basilica di San Gavino di Porto Torres, il San Basilio di Sennori.


Sassari, lo accolse a braccia aperte, basti pensare che l’Amministrazione Comunale gli conferì il Candeliere d’Oro nel 1995, mentre Serramanna, il suo paese natale ancora stenta a riconoscergli qualche onoreficenza.


L’attività culturale e scientifica di Vico Mossa non si limitò però alla sola Sassari, ma spaziò in tutto l’ambito regionale; professionista attento e preparato, legò il suo
nome a numerose realizzazioni tra cui il restauro architettonico della Basilica di San Gavino a Porto Torres, il Museo Archeologico di La Maddalena, la Chiesa della
Sacra Famiglia al Olbia, di San Carlo Borromeo a Cagliari e di San Vincenzo a Sassari e l’allestimento del padiglione della Sardegna alla mostra "Italia 1961" a Torino e la progettazione in équipe con altri professionisti del Palazzo del Consiglio Regionale a Cagliari.


Ha inoltre collaborato con “La Nuova Sardegna” e "L'Unione Sarda" ed ha lasciato segni indelebili oltre che nell’architettura anche in opere letterarie, spaziando dall’arte all’artigianato senza dimenticare il suo paese natale, Serramanna, ne “I Cabilli”. dove con nostalgia e affetto e pur non citandolo mai per nome persone e luoghi, illustra fatti del paese natio. Altre opere degne di nota son state Architettura religiosa minore in Sardegna (1953), Architettura domestica in Sardegna contributo per una storia della casa mediterranea (1985), Dai nuraghi alla rinascita (1961), Architettura e paesaggio in Sardegna (1981), Dal gotico al barocco in Sardegna (1982), Artigianato sardo (1983), Vicende dell'architettura in Sardegna (1994).

 

È deceduto il 23 marzo 2003 a Sassari.


Con Deliberazione n. 10 del 28 febbraio 2011 il Comune di Serramanna ha approvato il programma dell’iniziativa per la realizzazione del Convegno “Vico Mossa Architetto e storico nella Sardegna del Novecento” da tenersi a Serramanna nel mese di novembre 2011 nei locali dell’Ex-Montegranatico, a cura del Comitato scientifico, in cui sono rappresentati il Comune di Serramanna, gli eredi Mossa, la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Cagliari, l’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, l’Associazione Storia della Città (Centro Internazionale di Studi per la Storia della Città. Fonti d’Archivio e Patrimonio Architettonico Ambientale).


Vico Mossa, è stato uno dei più attivi architetti sardi del Novecento; dal 1940 e per molti anni docente di Architettura presso l’Istituto Statale d’Arte di Sassari, studioso e scrittore degli aspetti storici dell’Architettura e della Città della Sardegna, ha esplorato in tutte le sue forme i processi in atto sul patrimonio regionale, con attenti riferimenti al dibattito nazionale del suo tempo.


«Il Convegno intende rivalutare la figura dell’illustre architetto attraverso la lettura della sua variegata opera e proporla alla cultura nazionale secondo differenti angoli d’osservazione», secondo quanto affermato dal Presidente del Comitato scientifico, l’arch. Prof. Marco Cadinu.


Dal programma si evince l’alto tasso culturale dei relatori, a partire dall’Assessore ai Beni Culturali della Regione Sardegna Sergio Milia, a Gabriele Tola della Soprintendenza ai Beni Artistici per le province di Cagliari e Oristano, Tullio Angius,
Presidente dell’Ordine degli Architetti, l’arch. Lucio Ortu dell’Associazione Nazionale dlla Terra Cruda e Josè Luis Sainz Guerra dell’Università di Valladolid; presente anche l’arch. Giangiuliano Mossa figlio di Vico.


Finalmente l’Amministrazione comunale rende merito a un suo illustre figlio.
 

Giovanni Battista Melis


Il 10 gennaio 1997 veniva a mancare un illustre cittadino, di Serramanna, e non solo, Giovanni Battista Melis.


Nato a Serramanna il 27 marzo 1922, si dedicò fin da bambino alla vita contadina, tanto che riuscì a terminare le scuole elementari solo nel 1935, pur non essendo mai stato bocciato; d’estate faceva il guardiano delle aie e d’inverno il guardiano
delle vigne.


Nonostante la sua dedizione al lavoro dei campi riuscì comunque ad affinare le sue doti intellettuali e a sviluppare e comprendere i problemi della gente comune e degli operai e contadini in particolare e soprattutto partecipare attivamente alla riforma agraria e alla vita politica sia di Serramanna che in ambito regionale.


Nel dopoguerra frequentò a Bologna la scuola del Partito Comunista e in seguito fu eletto consigliere comunale (legislature 1952/56 e 1960/64) e sindaco nella legislatura 1956/60.


Nel 1958 sposò l’insegnante Margherita Medda da cui ebbe 5 figli (2 maschi e 3 femmine).


Fu anche consigliere provinciale e regionale per due legislature (dal 1965 al 1969, la V e la VI); nel 1965, per meriti politici, fu nominato membro del Comitato Regionale di Coordinamento per l’Assistenza Tecnica in Agricoltura. Proclamato deputato, nella IV legislatura, nelle fila del Partito comunista italiano, il 5 luglio 1967 (chiamato a sostituire l'On. Renzo Laconi, deceduto il 29 giugno 1967), diede le dimissioni per continuare ad occuparsi delle cose a lui più vicine.


Nel 1974 entrò a far parte, in qualità di consigliere, della Cantina Sociale del Campidano di Serramanna, assumendone in seguito la carica di Presidente (dal 1975 al 1985), contribuendo alla valorizzazione dei vini serramannesi, per ottenerne la classificazione DOC.


Appassionato di documentazione storico-archivistica, e di questioni inerenti il territorio, in vita pubblicò due notevoli opere; nel 1975 “Atti di una comunità agricola – Serramanna 1818-1849” e nel 1993 “Serramanna – Cenni di storia sugli insediamenti e il territorio”.


Nel 2008, postumo, è stato pubblicato “Circhiola a merì, crasi bona dì”, una sua raccolta di detti, proverbi, usi e costumi del Campidano.


Giovanni Battista Melis, in qualunque campo si sia applicato, ha dimostrato esemplari doti di dialogo e comprensione dei problemi degli altri e ci ha soprattutto lasciato importanti tracce, cui non può non fare riferimento a tutt’oggi, chi si occupa o scrive su Serramanna. Entra quindi a pieno titolo nella categoria delle persone che hanno dato lustro e prestigio a Serramanna.


Bonaventura Pinna, grande figura antifascista


Bonaventura Pinna nacque ad Arbus l’11 Novembre 1893.


A poco più di vent’anni partecipa alla prima guerra mondiale, nelle fila della Brigata Sassari, e nel primo dopoguerra lavora come operaio nella miniera di Gennamari ad Ingurtosu, ma dopo un certo lasso di tempo viene licenziato perché sospettato di essere un pericoloso sovversivo.


Da questo momento, iniziano i soprusi e le angherie ai danni del Pinna; in Sardegna, come in tutta Italia il fascismo si spargeva indisturbato. Bonaventura prendendo coscienza della sua situazione personale e collettiva, inizialmente aderì al Partito Socialista, e successivamente al Partito comunista d’Italia, creando ad Arbus, la prima sezione del Partito Comunista.


Nel frattempo si sposò e si trasferì a Serramanna, grazie al supporto economico dei suoceri. Anche a Serramanna la situazione economica non era delle più rosee.

Grazie al suo impegno e al suo marcato spirito antifascista si fece promotore di alcune lotte operaie, esponendosi troppo alle autorità di polizia fascista, che lo avevano indicato come un pericoloso sovversivo e sobillatore di pericolose rivolte sociali.


Bonaventura continuò nonostante tutto ad occuparsi della gravosa situazione operaia, creando anche Serramanna una sede del Partito comunista, divenendone segretario politico; partecipò, in qualità di delegato, al primo Congresso regionale dei comunisti sardi, che ebbe luogo a Quartu Sant’Elena in località Is Arenas, il 26 Ottobre 1924, assieme ad Antonio Gramsci.


Nell’estate del 1943, il 25 luglio, fu arrestato, mentre ascoltava Radio Londra; minacciato di fucilazione senza processo, come spia, perché gli inquirenti del controspionaggio scoprirono che l’apparecchio era anche trasmittente, e l’8 settembre 1943 fu liberato senza conseguenze.


Dal 1946 al 1970, per ben 5 legislature, ricoprì la carica di consigliere comunale al Comune di Serramanna.

 

Bonaventura Pinna, straordinaria figura di generosità e altruismo, morì nel 1972, e dovrebbe essere preso ad esempio dalle giovane generazioni come esempio di rettitudine e impegno sociale.


Franco Putzolu, “il Forattini sardo”


 

Nato a Serramanna nel 1936, Putzolu, giornalista, vignettista, grafico e pittore ha esordito giovanissimo (nel 1953) inviando una vignetta al settimanale "Il Calcio e il Ciclismo Illustrato".


Qualcuno, lo ha definito il "Forattini sardo", e lui è senz’altro un artista del calibro dei vignettisti nazionali come Forattini, Vauro, Altan, Ellekappa, o internazionali come l’argentino Quino, con l’unica differenza che Putzolu è nato e vive in Sardegna, una terra avara di giornali e di lettori.


Putzolu negli anni ‘50 collaborò col settimanale romano "Il Travaso delle idee", poi, trasferitosi a Milano, venne assunto alla Gamma Film, dei fratelli Gavioli, dove realizzava cartoni animati pubblicitari per la televisione (i caroselli) dando vita a personaggi divenuti celebri, come la famiglia di trogloditi Babbut, Mammut e Figliut, capitan Trinchetto e tanti altri.


Lavorò anche per "Il Travaso", per "Il Delatore", per “Bertoldo” e per la collana di libri “Questi Umoristi”.


Alla fine degli anni sessanta, Putzolu rientrò in Sardegna e si propose all'“Unione Sarda”, allora diretta da Fabio Maria Crivelli.


Vi era allora la striscia “Sardus Pater” (disegnata da Antonio Castangia) a cui Putzolu, nel 1974, affiancò “Sardus Filius”, e con questo fumetto, poteva dedicarsi
a ciò che sentiva più congeniale a se stesso e cioè la satira sociale e di costume, e proprio su questa strada è continuato il suo itinerario creativo.


Il noto economista sardo, Paolo Savona, parlando di lui disse: «Putzolu è il più fine ed acuto osservatore e commentatore della realtà socio-economico-culturale della Sardegna».


Ciò che colpisce, oltre l'efficacia umoristica che permette alle vignette di restare sempre divertenti, è la capacità dell'autore di sintetizzare con pochi tratti le situazioni più complesse; questa è una prerogativa che è tipica solo dei grandi maestri, una categoria a cui Putzolu certamente appartiene.

 

è deceduto il 3 aprile 2011.


Itala Testa


È grazie a Itala Testa che non ci si è dimenticati di una ricetta esclusiva di Serramanna, "le Lunas".


Itala Testa nacque a Serramanna nel 1917, penultima di una famiglia numerosa, ed’è deceduta l’11 novembre 1997 a Cagliari, dove gestiva la sua piccola libreria, “l'Etranger” specializzata in libri stranieri.


Nel 1982, pubblicò “Cucina in Sardegna” , 500 ricette di cucina sarda, partendo da «is afforrus» (gli antipasti) per raccontare i “primi” più cari alle tradizioni sarde, la carne, i pesci, i dolci, il vino, i liquori e i piatti più insoliti «come il maiale con le mele», e quelli più consolidati.

 

L'Unione Sarda e la Rai avevano avuto la sensibilità di sollecitare la sua collaborazione.


Al giornale erano stati offerti i frutti di una particolarissima competenza, redigendo una vivace rubrica sull'arte culinaria, “La via dei sensi”, dove Itala Testa aveva avviato e sostenuto un dialogo serrato con migliaia e migliaia di lettori, una rubrica che dava conto di un mondo che in gran parte non esisteva e non esiste più, quello stesso che nelle sagre paesane si è popolato di hamburger e coca cola al posto di
una cotica di porcetto fumante.

 

Per questo motivo, quando pubblicò “Cucina in Sardegna”, non fu affatto una sorpresa; soltanto in apparenza e a primo impatto era sembrata una sorta di libera uscita, in realtà, e non a caso quest'opera si era rapidamente stabilita ai vertici della classifica dei libri più venduti, anche raccontando di antipasti e primi piatti, pesci e molluschi, carni e verdure, dolci, marmellate, liquori e vini, Itala Testa s'era limitata a confermare impegno e rigore, dichiarando a suo tempo «dei libri ho sempre parlato soltanto dopo averli letti, e così, prima di raccontarle, ho provato sul campo tutte le ricette».


Ecco quindi ricordare la ricetta che volle dedicare al suo paese natale, le “Lune di Serramanna”, pizzette di pasta lievitata, grandi quanto un piatto piano, che vanno fritte per pochissimi minuti in grasso bollente e poi condite con abbondante pecorino grattugiato e sugo di pomodoro.

 

 

 

Serramanna insolita

Fatti, curiosità e ricerche, (ilmiolibro.it), 2010

di Paolo Casti

EAN 2-1200055-54099

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